Chiesa di Santa Maria degli Angeli

La chiesa parrocchiale o “chiesa madre”, come viene chiamata comunemente, ha origini remote e questo è testimoniato anche dalla presenza di un battistero in pietra a forma ottagonale nella parte superiore e con otto stemmi in rilievo per ogni spigolo di epoca medioevale. Studi di araldica in futuro decifreranno meglio gli stemmi che risalgono alla fine del 1200 inizio del 1300. Le bolle episcopali del 1500 ne danno menzione chiamandola “chiesa arcipretale S. Maria degli Angeli". I registri parrocchiali dei battezzati, cresimati, dei morti, ne parlano a partire dal 1603. La chiesa, da quello che si apprende dai registri parrocchiali dei morti del 1700, oltre a servire per le celebrazioni liturgiche, accoglieva nella cripta e nel suo interno le sepolture dei morti.

Altre testimonianze che abbiamo sulla chiesa, prima del terremoto del 1805, sono date dagli altari collocati in fondo alle due navate laterali. Su quello di destra vi è inciso nel marmo ad entrambi i lati lo stemma della famiglia principesca Di Costanzo, segno che quella cappella era di diritto patronale. Su quello di sinistra vi è il bellissimo altare in marmo con il bassorilievo della Madonna del S. Rosario con incisa la data A.D. 1752.

Lo stato della chiesa era buono fino al 1805 quando, con il terremoto, fu abbattuta totalmente al punto che fu necessario fare un nuovo progetto e iniziare un’impresa non facile per la ricostruzione. Il progetto, superbo per la maestosità e l'imponenza, fu affidato all'architetto Presutti Vincenzo. La facciata esterna fu progettata in ordine ionico, la disposizione interna in ordine corinzio. Nell'insieme la chiesa ebbe un buon assetto architettonico a tre navate: la navata centrale alta 20 metri e lunga 27, le navate laterali lunghe 20 metri ciascuna; l'area totale interna risultava di 540 metri quadrati.

Il tempo per riedificare e ampliare la chiesa durò alcuni anni e le spese furono enormi. Da un documento di archivio datato 26 marzo 1814 risulta che, Gioacchino Napoleone re delle due Sicilie, autorizzò il Comune di Colle d'Anchise a vendere all'asta un fondaco e una casa appartenente al comune e a dare il ricavato per il restauro della chiesa. Il parroco preventivò una spesa che ammontava a dieci, dodicimila ducati. Per reperire le somme da utilizzare a tale scopo rinunciò all'onorario di maestro di scuola e allo stipendio di predicatore. Furono scavate la maggior parte delle tombe che vi erano e le ossa furono portate in una fossa comune non distante dalla chiesa. Nel 1829 la chiesa non era ancora completata. I lavori di rifinitura degli stucchi furono affidati alla ditta Vincenzo Costanzo di Frosolone. Il tempo occorso per il restauro della chiesa era inciso su una lapide collocata dove ora è presente l'affresco dell'ascensione. Vi era il nome del parroco del tempo, don Giovanni Spina, e sottolineata la grande partecipazione dei fedeli per le offerte date.