Castello dei Carmignano

Tra il 1045 e il 1053 tutta la zona dell'Alto Volturno, compreso il territorio di Acquaviva, fu usurpata dalla famiglia Borrello, di origini longobarde. Fu durante l'usurpazione che i Borrello costruirono il castello, costituito da un mastio di forma quadrangolare. L'edificio fu collocato su un'altura ben arroccata, confacente alle esigenze militari e posta di fronte alla chiesa di Sant'Anastasio (XI sec.), intorno alla quale si era sviluppato il nucleo abitativo originario. La collocazione dell'edificio borrelliano, inoltre, sembrava volesse sfidare il potere dell'Abbazia proprietaria della chiesa. In epoca angioina, il borgo acquistò una certa omogeneità. Finito il tempo dello scontro tra papato e impero, infatti, l'armonia ritrovata si rifletté anche sull'architettura. Il castello, simbolo del potere feudale e laico, e la chiesa, simbolo del potere religioso, non più antagonisti, vennero racchiusi da una cinta fortificata che inglobando il centro storico confermava la pace fatta. Il borgo fortificato fu dotato di quattro torri e di una porta di accesso. Molti furono i possessori del feudo e del suo castello. Nel 1269 per concessione di Carlo d'Angiò ne divenne titolare il cavaliere francese Filippo d'Angosa, ma questi non lasciò eredi, cosicché il feudo passò ad un altro cavaliere francese, Matteo Rossiaco. Nel 1317 risulta proprietaria del feudo Iacovella di Ceccano, moglie in seconde nozze di Roberto d'Isernia. Nella seconda metà dello stesso secolo, la regina Giovanna I assegnò il feudo a Jacopo Catelmo conte di Popoli, la cui famiglia governò Acquaviva per circa due secoli. Nel 1648 sono i De Santo ad esercitare i diritti feudali. Nella seconda metà del '700, il castello passò ad Andrea Carmignano, che lo detenne sino all'epoca dell'eversione della feudalità. Furono i Carmignano ad effettuare importanti lavori di ristrutturazione sul castello adattandolo ad abitazione signorile. Furono ampliate le finestre e fu creato un ingresso sul lato del piazzale Carbonari che, in seguito e più volte, fu rielaborato nelle sue forme.